giovedì 25 marzo 2010

Sogno n° 3

Sono sul Gianicolo a Roma, alla guida di un enorme autobus turistico bianco a due piani. A bordo ci sono anche il mio compagno, mio fratello e un suo amico. Come al solito mio fratello mi dice di fare una certa manovra per uscire dal parcheggio e io, come al solito, ne ho in mente un’altra. Alla fine mentre facciamo marcia indietro finiamo sul ciglio di un burrone e sotto gli occhi terrorizzati di noi tutti cominciamo a precipitare giù. Giù, giù, sempre più giù. Nel vuoto. Siamo spacciati, ma io non mi perdo d’animo e urlo: “Ragazzi ma che cazzo, qua dobbiamo farcela!” Comincio a manovrare e alla fine del viaggio alla velocità della luce in mezzo all’oscurità dell’universo andiamo a sbattere contro una parete bianca, come quella della cameretta di un adolescente, con tutti gli adesivi delle auto di F1 appiccicati ovunque. Sulla parete c’è una libreria. Sul ripiano più alto c’è il mio autobus bianco a due piani. Non so come, ma in qualche modo devo essere riuscito a bloccare quel mastodonte durante la caduta e farlo fermare lì, solo che adesso è così piccolo che mi sembra un bus giocattolo. Prendo la libreria a due mani e la sbatto a terra senza sforzo, il bus giocattolo con noi dentro sopra. Siamo quasi a terra, mancano gli ultimi dieci centimetri. Apro un lato della libreria che ora è diventata come uno scatolone di cartone da traslochi e facilmente faccio scendere il modellino a terra, usando una delle alette della scatola come un ponte levatoio. Nella stanza di fianco c’è una maga che legge il futuro. Quando arriva il mio turno entro con tutta l’adrenalina che ho ancora in corpo e la assalgo. Svuoto sul suo tavolino una bustina di cocaina che sembra zucchero e le chiedo urlando come vede il mio futuro. “Ma si rende conto che stavo morendo? Perché non mi ha avvisato?” Lei sorride e senza minimamente scomporsi mi domanda: “Qual è la cosa più ridicola che vedi?” Ci sono quattro macchinine di pelle umana davanti a lei sul tavolino. Una è sottile sottile, rugosa e bitorzoluta come le altre, ma somiglia a un piccolo cazzo con il muso a forma di glande e le ruote a mo’ di palle. Allora io le dico: ”Quella”. Lei me ne indica una giocattolo dalla forma uguale, appesa al muro alle sue spalle e mi fa: “In questo periodo sei molto fortunato. Perché non ti metti in proprio?”

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