giovedì 18 marzo 2010

Sogno n° 2


Siamo in viaggio e facciamo visita a una moschea in Egitto o in Oriente. Siamo in pochi, due o tre persone al massimo. Di fronte a noi ci sono delle scritte in una lingua che non comprendiamo. In una parete c’è una fessura stretta in verticale che lascia intravedere appena quello che c’è dietro: un prato d’erba verde che risplende al sole, alberi maestosi e vegetazione lussureggiante. Sotto c’è una scritta minuscola come una didascalia o la targhetta di un museo. Riesco a leggere qualcosa. E’ scritta in inglese e dice qualcosa sulla via per il benessere. Torniamo dentro per cominciare la nostra visita all’interno della moschea e mi ritrovo davanti a un’altra parete di pietra nuda e massiccia: invalicabile. Iniziamo le prove di magia. Come riscaldamento dobbiamo trasformare la parete nei vari elementi delle Forze. Io dico “Oxossi” e la trasformo in una parete verde come un giardino verticale. Poi in un’altra cosa, ma quando mi concentro per trasformarla in fuoco non ci riesco. Arriva Marlene, la mia madre spirituale. Ora siamo tutti seduti in fila davanti a lei in attesa di prendere lezioni di volo. Comincia il viaggio astrale e io le chiedo di portarmi con lei in alto ma mi risponde che non sono ancora pronto e di restare a terra a osservare. Tre ragazze si librano in aria come fatine di Walt Disney, colorando la volta della moschea prima di giallo, poi di verde. Hanno una benda azzurra sugli occhi che serve loro per vedere con il terzo occhio, senza guardare con gli occhi fisici. A un certo punto la terza ragazza sta per cadere ma quella che la precede lo percepisce e con un delicato movimento della mano a mulinello verso l’alto la fa risollevare e la rimette in formazione di volo. Io trovo due bacchette magiche in terra come quelle di Harry Potter: una come nuova, l’altra un po’ bruciacchiata sulla punta. Resto un po’ a guardarle, indeciso su quale prendere.
Una dovrà pur essere per me, penso. O forse è proprio la mia, nel senso che l’ho usata per qualche magia e poi l’ho dimenticata? Certo quella nuova è più bella, ma se l’ho usata vuol dire che la mia è l’altra: quella bruciacchiata. E la tiro su. Adesso tutte le donne sfilano davanti a me come su un tapis roulant, lievitando più che camminando. La prima è in trance. Mi parla ma io non la capisco. Poi Marlene, capelli rossi accesi e vestito nero, mi dice qualcosa sulla guerra e passa avanti.
Finisce il viaggio astrale. Sento la musica della radiosveglia ma continuo a dormire. E faccio un altro sogno. Esco sul terrazzo di casa mia e chiedo al mio compagno perché ha chiuso la persiana. E’ una persiana verde e grande che nella realtà non esiste perché le nostre sono piccole e grigie. Quando le scosto, sempre nel sogno, vedo che c’è un nido d’uccelli tra i rami del gelsomino e che è nato un piccolo. Poi vedo che proprio in quello stesso istante sta uscendo il secondo uccellino con tutte le piume ancora bagnate. Ma non dal guscio dell’uovo: dalla vagina della madre. Sottile e verticale come una fessura. Mi sveglio. E’ caldo ed esco a fare colazione in terrazzo. La prima cosa che faccio è scostare la persiana e guardare il gelsomino. 
Nascosto tra i rami più alti c’è un piccolo nido di merlo costruito con ramoscelli secchi, fili d’erba e qualche stella filante dello scorso Carnevale, intrecciati con cura a formare un’accogliente semisfera perfettamente mimetizzata tra la grondaia di rame e la tettoietta spiovente in vetro satinato del mio terrazzino. Incredibile ma al suo interno fanno capolino due uccellini appena nati che ripetono con i beccucci spalancati la loro insaziabile richiesta di cibo.

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