Era l’ultimo giorno di marzo e ti veniva voglia di abbinare il tuo umore al colore della primavera. Hai presente il verde speranza delle foglioline appena nate? il verde pisello dei teneri fili d’erba fresca? il verde oliva delle siepi di pitosforo? Ma poco più in là, oltre gli spartitraffico, il verde scuro delle parietarie e il verde marcio degli escrementi nei recinti di legno per i cani ti facevano parcheggiare subito quella voglia nelle strisce gialle riservate ai residenti.
La coppia di amici s’immerse in apnea tra le macchine che sbuffavano tra la scuola e il parco. Peccato sprecare una così bella giornata, pensò il ragazzo. Era l’una del mattino, c’era il sole o almeno doveva pur esserci il sole da qualche parte, oltre la lastra di nuvole di quel cielo al neon.
Strano, pensò, sentendo la ghiaietta del viale scricchiolare sotto la gomma delle sue scarpe da ginnastica con un suono ovattato. Quasi che i suoi occhi e le sue orecchie, di fronte all’orgia di stimoli visivi e olfattivi della natura al suo risveglio, ricercassero il letargo dell’inverno, anelassero al totale isolamento, si imponessero una deprivazione sensoriale volontaria. Come un pazzo masochista che dopo essere stato troppo a lungo rinchiuso in una stanza dalle pareti imbottite, di fronte al caos del mondo esterno preferisse tornare a rinchiudersi per sempre nella sua cella.
Perso nel loop di quei suoi pensieri il ragazzo continuava a camminare guardando le sue scarpe logore lievitare leggere sull’asfalto come il vampiro nel film del conte Dracula.
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