giovedì 5 maggio 2011

Andrew (XI parte)

Andrew non riusciva a crederci quando il ragazzo gli raccontò tutta la storia mostrandogli il contratto, e promise di non togliersi mai più quelle lenti colorate visto che a lui piacevano così tanto. Perché non gliel’aveva detto prima? Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui. Lo amava infinitamente e si sentiva riamato allo stesso modo.
Vuoi il lavoro, vuoi la maledetta routine della vita quotidiana, se l’intensità dell’amore tra i due cresceva, quella del sesso andò scemando con il tempo. La passione si riaccendeva impetuosa solo nei week-end che i due passavano immancabilmente a Provincetown: sole, pioggia o neve che fosse. Alla fine l’avevano comprata quella palafitta sulla spiaggia e la stavano arredando pian piano con mobili scovati nei mercatini di New York e Boston, quadri acquistati nelle gallerie d’arte di Provincetown e zuppiere di ogni tipo –il ragazzo ne andava letteralmente pazzo- prese un po’ ovunque. D’inverno Provincetown si svuotava di turisti e la popolazione non raggiungeva un centinaio d’anime. Col passare del tempo i due diventarono amici di tutti gli artisti, i ristoratori e i galleristi del villaggio che a loro facevano prezzi stracciati. Chi non amava il riccone americano e il giovane italiano lì in paese? Li chiamavano “Blue and Joy” alludendo ai profondi occhi blu e ai nobili natali dell’americano –ormai non si toglieva più quelle lentine- ma soprattutto al carattere dei due: Andrew così tranquillo e pacato da apparire quasi triste in confronto all’esuberanza mediterranea del ragazzo dagli occhi scuri.
Passò un anno bellissimo. L’amore cresceva e presto arrivarono anche i primi successi professionali per il ragazzo. Sfruttando la creatività vera o presunta tale degli italiani all’estero seppe farsi valere in agenzia e dopo i sei mesi di prova riuscì a farsi assumere. Gli vennero affidate alcune campagne per clienti internazionali del settore del design e della moda –i più ambiti in agenzia- che gli fecero conquistare la stima di Jon e degli account e l’invidia dei creativi che andavano dicendo in giro che il ragazzo era un raccomandato mafioso come tutti gli italiani.
“Per fortuna Jon è uno sciupafimmene” gli disse Andrew azzardando qualche parola in dialetto che gli aveva insegnato il ragazzo “altrimenti avrebbero detto che sei un gran pompinaro. E su questo potrei confermare io” concluse con un’ironia tipicamente anglosassone e una risata tipicamente italiana.

Nessun commento:

Posta un commento