martedì 12 ottobre 2010

Luca (II parte)

La loro storia naturalmente andò avanti dopo quella sera. Il ragazzo imparò ad apprezzare l’autoironia di Luca che si tramutava facilmente in depressione. Luca lavorava in un negozio di abiti maschili in centro ma a sentire lui lavorava “sulla strada come una puttana”.
Adesso faceva il commesso nel negozio che prima era stato di sua proprietà. Aveva dovuto vendere le mura per pagarsi i debiti della droga. Aveva provato di tutto in una lenta e inesorabile escalation prima di arrivare all’ero.
“Così, un giorno, tanto per provare, con un amico in un sottoscala”.
Quella merda prima l’aveva mandato in paradiso, poi gli aveva fatto terra bruciata intorno. Senza più lavoro, né amici, né il sostegno della sua famiglia –la mamma e il fratello non gli avevano più rivolto la parola- la vita era diventata un tale inferno che aveva deciso di farla finita. Si era prostituito per tirare avanti e per mettere insieme i soldi dell’overdose che l’avrebbe mandato al creatore.
A fermarlo da quel proposito suicida era stata la morte di Marco, il suo compagno di pere, lo stesso che probabilmente gli aveva passato l’HIV. Marco s’era fatto fregare da una dose di G, un’altra droga chimica derivata dal detersivo per pulire i vetri che Luca fece provare al ragazzo con il contagocce e solo dopo avergli fatto un milione di raccomandazioni. Luca gli raccontò che Marco non era un pezzente come lui.
“Era un figlio di papà dell’alta borghesia milanese e aveva la paranoia di farsi beccare dalla pula. Per questo si faceva in casa prima di uscire, così in discoteca ci arrivava pulito e poteva sballarsi senza avere pensieri. Che tanto c’erano sempre gli amici fidati a soccorrerlo se si sentiva male. Eggià. Fidati un cazzo” sbottò Luca.
“Quelli andavano solo dietro ai suoi soldi. E che non lo sapeva pure lui secondo te? Solo che come tutti i ricchi Marco se la cantava e se la suonava, negando la verità anche a se stesso” continuò.
“Non lo sentivo da una settimana ma lui viaggiava spesso e non era così strano. E poi se ne stava spesso per i cavoli suoi. Scriveva. Ma quella sera era l’ultimo sabato di ottobre e Marco non si sarebbe perduto lo sballo di Halloween per niente al mondo. Lo chiamai. Lo messaggiai. Andai a suonargli al citofono. Niente. I pompieri dovettero sfondare la porta con l’accetta. Lo trovammo là. Nudo nella vasca da bagno con le mosche morte nel bicchiere con il G. Se n’era versata una dose troppo forte nel succo d’arancia o non lo so, forse una sincope, un collasso. O forse è solo scivolato nella vasca, ha sbattuto la testa e c’è rimasto. Annegato in 20 centimetri d’acqua. Ma si può?”
Luca gli disse che lui l’aveva amato Marco e non per i suoi soldi. Non aveva mai voluto accettarli tant’è che aveva dovuto vendersi il negozio. Amava la sua ingenuità, la sua integrità morale, la sua incrollabile fiducia nell’amicizia. Marco gli aveva scritto un sms il giorno dopo che si erano conosciuti. Poche parole, come era nel suo stile: “L’amicizia è una questione di chimica. Come la nostra.”
“L’amore no. Marco non ci credeva.”
 Luca aveva anche provato a fidanzarsi con lui, ma era durata poco. Il sesso andava alla grande –l’amico aveva un cazzone da negro- ma a Marco piacevano più giovani, molto più giovani di lui.
“Forse perché inconsciamente voleva essere per loro il padre che lui non aveva mai avuto.”
In un raro momento di debolezza aveva confessato a Luca che l’unica carezza che aveva ricevuto era stata quando il padre gli aveva teso la pelle del viso per mostrargli come radersi.
Non ne parlarono mai più. Faceva parte delle regole non scritte della loro amicizia.
“Per gli amici Marco si sarebbe fatto uccidere. Si dava senza limiti ma in cambio esigeva tanto, tantissimo. Non tutti lo capivano e quando avevano finito di sfruttare i suoi soldi lo mollavano per un altro più ricco. Lui soffriva immensamente e per la delusione si chiudeva in casa per un mese. Poi dava una festa d’addio e cambiava città. Ogni volta s’illudeva che fosse quella la città giusta per lui. Milano, Roma, Amsterdam, Londra, Parigi, Barcellona, New York, Sidney. Dove non andò. E ogni volta la città giusta era la prossima.”
Luca gli era stato dietro finché non aveva potuto più seguirlo.

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